Web3: un nuovo Internet tutto da scoprire
Il Web3 è la terza generazione della rete Internet basata su una tecnologia innovativa e dalle prospettive ancora in via di definizione.
Andrà a rivoluzionare interamente il concetto di libertà di espressione, in quanto dovrebbe assicurare agli utenti la più completa libertà d’utilizzo, togliendo ai Big Tech ogni possibilità di controllo.
Il Web3 funzionerà grazie alle blockchain ed impedirà ogni forma di oscuramento o censura da parte delle autorità che regolano la navigazione. Questo nuovo approccio è poco conosciuto ai più, ma promette di aprire nuovi orizzonti dalle implicazioni imprevedibili.
Andiamo a capire meglio in cosa consiste il Web3 e come potrebbe evolversi in un prossimo futuro.
Cos’è il Web3?
Il boom delle criptovalute degli ultimi dieci anni ha portato alla ribalta le cosiddette blockchain, una tecnologia dalle grandi potenzialità nel settore delle transazioni finanziarie e non solo.
La blockchain, insieme ai software I2P e alle reti peer-to-peer, è alla base di quello che è stato definito Web3. È un’idea rivoluzionaria, all’insegna della sicurezza, dell’anonimato e della decentralizzazione.
Il Web3 vuole reinventare completamente Internet, modificando i presupposti sui quali si fonda. Si tratta di uno sviluppo che porterà innumerevoli benefici per l’utente, ma al contempo esistono rischi da non sottovalutare.
Tra gli anni Novanta e Duemila si parlava di Web1, ovvero una rete di tipo statico formata da protocolli aperti. Invece tra il 2000 ed il 2020 si può parlare di Web2, quello che conosciamo oggi, dove si può scrivere, comunicare e relazionarsi mediante piattaforme terze.
Il Web3, detto web semantico poiché sfrutta l’intelligenza artificiale, sarà un’unione delle due tecnologie precedenti, diventando un web di proprietà degli utenti e residente in una catena di blocchi.
L’Internet attuale si basa sulla distinzione tra client e server, dove il primo indica il programma che consente al computer in interagire tramite la rete, mentre il secondo ospita risorse e servizi, memorizzando un numero infinito di informazioni.
I server sono i gestori dei dati sensibili e sono gerarchicamente superiori ai client. Il Web3 vuole appunto sovvertire tale ordine in cui solo una parte detiene le informazioni. Questo è reso possibile grazie appunto alle blockchain.
Web3 e blockchain
La parola blockchain letteralmente significa ‘catena di blocchi’ ed è una tecnologia che ha permesso la creazione di nuovi registri digitali, organizzati come dei blocchi collegati l’uno all’altro.
Ciascun blocco contiene delle informazioni specifiche ed è connesso a quello che lo precede e a quello che lo segue. In origine la blockchain è stata inventata per ospitare la prima criptovaluta, la famosa Bitcoin, ideata dal misterioso personaggio noto con il nome di Nakamoto.
Uno degli elementi più importanti delle blockchain è la sicurezza. Infatti, le informazioni presenti nei blocchi dei vari registri sono incancellabili e non modificabili. Dunque, agire su un singolo blocco vuole dire danneggiare irreparabilmente l’intera catena.
Attualmente le blockchain sono usate soprattutto come database per le criptovalute e permettono di costruire dei registri di transazioni sicuri e condivisi, accessibili soltanto ad un certo numero di membri.
In realtà le blockchain nel tempo potrebbero essere estese anche ad altri settori, come quello delle banche, della pubblica amministrazione e della sanità.
Protocolli e applicazioni del Web3
Come detto, il Web3 sfrutta principalmente il protocollo delle blockchain con lo scopo di creare piattaforme libere, ma al tempo stesso sicure.
Si potranno così avere delle applicazioni decentralizzate, cioè non eseguite soltanto sul pc dell’utente o dalla società che le rilascia. Saranno invece distribuite su una rete di computer peer-to-peer.
Queste applicazioni non necessitano per forza della blockchain e sono già abbastanza diffuse. Basti pensare al programma uTorrent.
La differenza tra le applicazioni decentralizzate della vecchia generazione e quelle del Web3 è proprio nell’uso delle catene di blocchi. Uno degli esempi più evidenti è la criptovaluta Ethernum, una delle più importanti insieme al Bitcoin.
Ethernum non è propriamente una semplice valuta digitale, ma piuttosto una rete crypto. È un mondo virtuale molto complesso che consente di vendere, comprare e scambiare token o svolgere altre azioni come registrazioni di proprietà intellettuali o campagne di crowdfunding.
Un aspetto da sottolineare è che Ethernum impiega quasi esclusivamente un codice open source, ovvero aperto e controllabile dagli utenti esperti e competenti. Tornando al tema dei protocolli del Web3, in futuro potranno rendersi necessarie anche altre tipologie.
Il Web3 potrebbe funzionare esattamente come le criptovalute, generando tokens ricompensa o NFT, in modo tale da sviluppare una propria economia al suo interno. Questo naturalmente è in contrasto con le grandi società che hanno reso gli utenti dipendenti dai loro servizi.
I benefici offerti dal Web3
Quando si parla delle nuove prospettive aperte dal Web3 ci sono essenzialmente tre grandi vantaggi derivanti da un Internet di questo genere:
- Decentralizzazione: grazie al Web3 ci sarà la libertà di non doversi più appoggiare ai server centrali. Ciò significa che per poter funzionare le applicazioni decentralizzate non saranno più dipendenti da un unico sistema. L’operatività sarà garantita da più nodi, per mezzo di una rete peer-to-peer. Ci sarà anche una maggiore resilienza nell’eventualità di attacchi hacker e malfunzionamenti.
- Sicurezza: l’uso della blockchain assicura un’elevata protezione delle informazioni presenti all’interno dei registri digitali attraverso la crittografia, la quale utilizza varie tecniche che puntano ad oscurare messaggi e contenuti di diversa tipologia. Tali dati sono pressocché inattaccabili da coloro che non sono in possesso delle chiavi d’accesso. È utile specificare poi che tali informazioni della blockchain non vengono spostate su server esterni e sono sempre a disposizione dei proprietari.
- Anonimato: la crittografia non garantisce solo la sicurezza dei dati, ma ha un ruolo fondamentale anche nell’anonimato degli utenti. Infatti, le applicazioni decentralizzate del Web3 non prevedono il sistema password/user name. Ogni utente viene associato anonimamente ad un wallet, applicazione contenente l’indirizzo della blockchain e le chiavi d’accesso.
Web3 e cyber sicurezza
Il Web3 e le applicazioni decentralizzate hanno notevoli benefici per l’utente, con livelli di sicurezza e anonimato mai visti prima. D’altra parte, però, c’è chi ne evidenzia i potenziali fattori di rischio.
Una parte della popolazione degli internauti pensa che un Internet basato su blockchain e reti peer-to-peer possa essere pericoloso e dannoso, esponendo le persone a truffe e raggiri.
Contestualmente la proprietà che adesso risiede nelle mani delle grandi corporazioni e imprese si sposterà verso certificati di appartenenza assicurati da firme digitali dentro le catene di blocchi.
In altre parole, se oggi è necessario dimostrare la proprietà di qualcosa con i documenti cartacei, un domani sarà la blockchain l’ente deputato a questa certificazione.
Tale digitalizzazione spingerà i cyber criminali verso la sottrazione di hash privati di una blockchain per avere accesso a determinati dati. Dunque, gli hacker si specializzeranno nella manipolazione delle catene di blocchi.
Infine, in tanti criticano l’avvento del Web3 per l’impatto che avrà sull’ambiente, poiché criptovalute e tecnologie simili hanno bisogno di una potenza di calcolo notevole, con un consumo energetico davvero massiccio.
Web3 e libertà d’espressione
La delusione provocata dal Web2 è in gran parte evidente a molti. Da elemento di promozione della libertà d’opinione, si è ben presto trasformato in uno strumento di tecno-sorveglianza in mano ai monopolisti e ai regimi dittatoriali.
Si è così passati ad una cyber-censura in quei Paesi del mondo governati da sistemi politici totalitari e non democratici. Ritornare ad un web più aperto e indipendente è stato il principale motivo che ha spinto molti a puntare sul Web3.
Nei prossimi anni le identità create all’interno delle blockchain non apparterranno più ai colossi dell’informatica, ma direttamente agli utenti. Gli organismi deputati al controllo delle informazioni dovranno comprendere che non sarà più così facile avere accesso ai siti web, censurando ciò che non è gradito.
D’altro canto, il Web3 ha un rovescio della medaglia dai toni oscuri e nebulosi a proposito del controllo della popolazione.
Alcuni regimi e governi dispotici potranno servirsi presto delle catene di blocchi per non essere rintracciati dai sistemi garantisti ed è in tale senso che la cyber sicurezza avrà un ruolo fondamentale.
I futuri sviluppi del Web3
Sono in molti a considerare il Web3 troppo fumoso o comunque dai risvolti ipotetici ancora da definire del dettaglio. Si tratta di una tecnologia borderline, per la quale è difficile impostare una legislazione chiara e strutturata.
Ciò avviene perché la velocità di sviluppo impedisce ai legislatori ed enti regolatori di stare al passo. È lo stesso discorso che vale per le criptovalute, per le quali è spesso difficile aggiornare i regolamenti con assiduità.
Se oggi si decide di aprire una partita Iva per creare un’azienda di sviluppo di Web3, vi risponderanno che non è disponibile nessun codice ATECO per questa attività e vi indirizzeranno verso una partita IVA per software house.
Questo ovviamente non è accettabile in quanto è una nomenclatura che non rispecchia del tutto la reale attività svolta.
C’è poi chi pensa che il Web3 stia già virando verso una nuova centralizzazione. Ciò è già accaduto per molte tecnologie che promettevano decentralizzazioni e maggiore potere agli utenti. Basti pensare ai personal computer con la centralizzazione dei sistemi operativi o a Internet, centralizzato a favore di poche Big tech.
A causa della loro complessità, molte persone non possono interagire con le blockchain direttamente o le trovano poco interessanti. Preferiscono piuttosto affidarsi ad intermediari quali Alchemy, lato sviluppatori, e OpenSea, per i consumatori.
In conclusione, appare evidente come modificare la tecnologia di base senza cambiare il sistema economico vigente ci potrebbe condurre nuovamente al punto di partenza.