Ricardo Piana è un professionista dell’informatica che si occupa principalmente di Intelligenza Artificiale, è il developer delle AI Augustus, Tiberius e Claudius e CoFounder di Userbot.
Lavora in ambito rilevamento delle emozioni ed è il CTO di ALGOJOB. Precedentemente si è occupato di AI nel settore del Question Answering e del Natural Language Processing.
È anche il CTO di 4GoodCause, un nuovo social network green di cui cura la parte di sviluppo.
Mi ha concesso un’interessante chiacchierata, se volete parlare con lui anche voi potete trovarlo su LinkedIn. o su ciberneticagerber.it
A che punto del tuo viaggio digitale sei?
Il mio viaggio inizia all’epoca dell’Apple 2, questo farebbe presupporre che io sia a buon punto ma non è così: in informatica si è sempre all’inizio, si deve evitare di dare per scontato qualsiasi cosa, essere curiosi e studiare costantemente.
In questo settore non si può fare niente senza passione o si rischia di scadere presto nella mediocrità, essere sul campo da tanto tempo però facilita: da viaggiatore esperto sei veloce a fare i bagagli, sai dov’è il terminal, tutto procede rapidamente e nel migliore dei modi possibile. Tutti ti conoscono e facilitano nel viaggio.
Cosa ti ha portato fin qui?
Oltre trent’anni fa ero un bambino molto arrogante e abbastanza intelligente da saper programmare un computer, quel bambino c’è ancora anche se, negli anni, ho cercato di tramutare l’arroganza in saggezza.
Ci sono arrivato lavorando molto e accettando sempre nuove sfide: cambiando completamente lavoro e settore perfino.
Nel periodo in cui l’informatica sembrava noiosa ho lavorato nel cinema, poi sono tornato verso i prodotti multimediali.
Sono sempre tornato all’informatica però, se non c’è mi manca: è un porto sicuro per uno come me che ha sempre navigato tra un linguaggio e l’altro.
Penso che l’informatico sia un filosofo dei giorni nostri e che debba fare esperienza in molteplici ambiti: ogni volta che faccio un’analisi del software per esempio, tento di imparare tutti i processi industriali del cliente, quasi come uno stagista, fino a comprendere veramente il valore che il software dovrà dare all’azienda che mi ha contattato.
Qual è la cosa che ti piace del tuo lavoro che ti fa sopportare quella che proprio vorresti non esistesse?
È un lavoro molto vario, adatto alle persone che si annoiano facilmente come me, consente di spaziare, anche all’interno dei processi e delle meccaniche aziendali, attraverso molteplici lavori tutti impegnativi e complicati.
Non potrei fare un lavoro ripetitivo, e l’informatica dà sempre nuove sfide, nuovi traguardi, spesso obbligando a trovare soluzioni immediate.
I compagni di giochi che compongono i team di sviluppo portano sulle spalle le stesse avventure e le stesse sfide. In un team di sviluppo software si può diventare davvero squadra ed essere davvero quella spinta di un millimetro che cambierà il mondo in qualche modo.
Vorrei che nell’ambiente ci fosse più solidarietà e collaborazione tra aziende, che si smettesse con la logica affamata della concorrenza senza pietà, che non porta valore a nessuno, neppure a chi la pratica.
Vorrei non esistessero le malelingue, quelli scorretti, i malfattori che vendono aria ai clienti, quelli che rovinano il lavoro e la reputazione del nostro mestiere.
Quelli che credono che i developer siano mucche da mungere e non persone, che prevaricano sul lavoro, che pretendono la presenza in ufficio solo per esercitare il potere su qualcuno.
Quelli che fanno sempre e solo riunioni, cercando di far perdere tempo a tutti e annotando ogni osservazione per scaricare la colpa su qualcuno della propria ignavia alla prima occasione.
Qual è il cambio di mindset che ti ha salvato o ti avrebbe salvato dal commettere errori?
Sono cresciuto in aziende molto tradizionali, quasi militari nelle regole e nell’organigramma.
Ho visto presto i difetti di organizzazioni simili nel lavoro dello sviluppo software.
Ho capito che le persone hanno sempre un immenso valore, e che il reale capitale di un’azienda sono loro.
Il cambio come manager verso un approccio umano e di squadra allo sviluppo software è stato per me naturale, ma non altrettanto per chi mi stava intorno.
Quando hai un mindset del genere devi curarti più di chi ti sta intorno, comprendere che il tuo cambio di rotta va spiegato; che chi crede di essere il padrone delle ferriere non cambierà in un giorno solo perché gli dici che sbaglia.
In pratica le mie prime rivoluzioni le ho fatte con accanto dei nobili: destinate quindi al fallimento.
Quanto vale la pena rischiare? Raccontami di quando hai presentato qualcosa di cui un po’ ti vergognavi perché non era ancora perfetto.
Lavoro prevalentemente per startup, prodotti in cui si corre troppo velocemente e in cui la possibilità di fare errori anche gravi è all’ordine del giorno. Si dice che del primo MVP di una startup ci si debba vergognare.
È parzialmente vero ma le brutte figure non fanno piacere a nessuno.
Presento costantemente cose di cui mi vergogno: da un lato sono un pignolo e un perfezionista, dall’altro ho bene chiaro che lo scopo di un prodotto è passare una validazione.
Certo a volte i prodotti sono così indietro che davanti al cliente si improvvisa del teatro.
Cerco sempre di evitare simili situazioni, anche grottesche, ma ho visto presentazioni di successo con bug evidenti nascosti alla vista e perfino con sviluppatori che rispondevano a mano a le chiamate Backend, la famosa mentalità “Concierge” della Lean Startup portata all’estremo.
In generale riesco ad avere buoni team, e questo riduce a infinitesimali queste situazioni.
Qual è stato il tuo momento BsoD?
In generale non crasho e nel caso mi riavvio molto presto.
Mi è capitato che un prodotto multimediale a causa di un difetto del disco non partisse ad una presentazione con davanti eminenze di ogni genere: furono venti minuti di panico finché non ne masterizzammo al volo uno con un altro computer.
Quanto è difficile trovare un CTO in Italia e quali qualità deve avere per lavorare con te.
Io faccio il CTO, penso che sia facile trovarne ma che la specie sia assai variegata; come io stesso cerco aziende del mio “genere” anche le aziende dovrebbero stare attente a chi si prendono in casa. Vedo spesso realtà promettenti prendere un CTO solo per il nome, questo migliora qualche relazione con gli investitori, ma poi la scelta si rivela un disastro.
Su quale altra professione digitale pensi non ci sia abbastanza informazione e formazione?
Tutte le nuove professioni che riguardano l’Intelligenza Artificiale, nella maggior parte delle aziende credono a quello che hanno visto nei film di fantascienza. Serve formazione ai vertici delle aziende per far capire come funzionano i processi dell’AI, cosa possono fare, come e quando utilizzarle, se sono utili ai processi aziendali che ci sono, se è il caso di modificare i propri processi per introdurle o meno.
Investiresti più su una startup cammello (con solide basi di partenza) o su un unicorno (alta valutazione del potenziale)?
Ho lavorato in vari cammelli, in cui solo io sognavo un unicorno.
Sono un sognatore e punto sempre sugli unicorni, alcuni però mi stanno dando enormi soddisfazioni, tra cui Corderblock su cui ho investito, e AlgoJob in cui lavoro come CTO e di cui vedo una strada certa verso il successo.
Come consulente vedo idee di startup ogni giorno, non sempre entusiasmanti o realizzabili, penso che molti unicorni debbano ancora essere inventati.